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Altri 6 luglio 2017 testimonianza su padre Emmanuel (dalla registrazione)

È stata una grazia l’incontro con quest’uomo, taciturno frate. Davvero una grazia pura perché è attraverso il volto di padre Emmanuel e dei suoi amici ho incontrato il volto della misericordia di Dio che non è mai qualcosa di astratto anzi è sempre qualcosa, meglio qualcuno, che s’incontra.L’astrazione non andava a braccetto con padre Emmanuel che aveva una certa ritrosia per questa parola, astratto.L’amicizia con lui è stata tanto inattesa quanto fruttuosa: la prima volta l’ho visto anzi intravisto a Gs e poi reincontrato in Cattolica assieme ai miei amici. Con loro decidemmo di andare a questa benedetta messa del lunedì alle 12:30 dopo le lezioni in Cattolica perché c’eravamo davvero stufati del prete che negli altri giorni celebrava. Parlava, soprattutto nelle preghiere dei fedeli, della pace nel mondo del rispetto della natura, vogliamoci bene etc, insomma quando dovevamo rispondere noi dicevamo ascoltalo signore mai ascoltaci signore cioè ascolta lui che non siamo proprio d’accordo quindi eravamo un gruppo di delinquentelli. Quel lunedì incontriamo questo frate il quale durante la messa fece ci coinvolse. Per la prima volta noi rispondemmo ascoltaci Signore proprio perché si era introdotta una partecipazione viva alla liturgia.Eravamo anche un po’ impauriti dal fatto che lui lasciava l’altare e incamminandosi fra i banchi si chiedeva: “ma tu hai capito?” oppure: “resisti nella fede”. E da questo che sembrerebbe casuale incontro è nata un’amicizia e da quel momento non l’ho mollato più e quindi in università oppure quando veniva a trovare il mio amico parroco Don Bruno De Biase facevo di tutto per esserci perché quando uno incontra una persona che corrisponde così a ciò che tu hai sempre atteso non lo molli più; insomma uno che vive la sua vita con tale intensità soprattutto nelle circostanze quotidiane davvero lo segui sempre.Quest’amicizia è poi diventata più stringente nell’occasione delle vacanze che si organizzavano in Val Camonica in particolare a Valledrane. Un anno, in particolare, mi iscrissi alle vacanze con Don Giussani a con mio sommo rammarico non una c’era più posto per me. Allora mi sono posto la domanda se andare in vacanza in Abruzzo con il Clu oppure vado al mare… e quindi un momento di totale indecisione su qualcosa che io ritenevo molto importante. Padre Emmanuel con mia somma gioia e anche stupore mi invita a questa vacanza con lui ; gli chiesi anche di portarmi dietro mio fratello più piccolo di 16 /17 anni che non sta passando un bellissimo periodo è così andiamo, iniziando così questa nuova avventura con padre Emmanuel i suoi amici. Quella vacanza  mi ha convinto sempre di più della bellezza e della giustizia che avevo incontrato mentre mio fratello fu convinto della verità che aveva incontrato quindi in un colpo solo bellezza giustizia e verità. Mio fratello si divertiva un mondo con queste persone sconosciute, più grandi: universitari, “le donne di padre Emmanuel” come le chiamavo io con i fraticelli simpaticissimi che erano venuti e con i quali facevamo le peggio cose di notte, non posso dire quali.Questo tempo di vacanza che non dimenticherò mai aveva dei punti essenziali il primo punto: i momenti passati assieme al Padre, in questa compagnia così nuova e così corrispondente all’attesa del mio cuore aveva come punto essenziale il fatto che ogni istante era vissuto con intensità e quindi ogni particolare diventava segno del mistero che fa tutte le cose. Così alzandomi da tavola e lasciando, come mi è capitato, la sedia un po’ in disordine, un po’ discosta da come l’avevo trovata padre Emmanuel mi rimproverò abbastanza bruscamente mi disse :”metti a posto tutto poi capirai”. Ci ho   messo un po’ poi ho capito che il mistero che fa tutte le cose ha fatto anche l’ordine delle cose; non era quindi qualcosa di moralistico. Certo partiva da quello che lui aveva vissuto da sempre da bambino fino all’essere il frate che conduceva la vacanza. Ma appunto lontano dall’essere moraleggiante si trattava di farci comprendere che tutto era segno della presenza del mistero di Cristo, anche la sedia messa in un certo modo piuttosto che buttata lì, un’attenzione al particolare perché nella circostanza particolare si potesse riconoscere Cristo. Anche i canti dovevano essere eseguiti in modo perfetto anche qui non per un ideale astratto di perfezione canora; come nella preghiera mattutina alle lodi lo stare attenti alle pause, agli asterischi e nella liturgia tutto doveva essere al suo posto, perché il senso di tutto era Colui che avevamo incontrato. La Messa in particolare non era nulla di spettacolare o eccezionale ma tutti i gesti venivano tacitamente spiegati e tutti partecipavano alla Santa messa giornaliera in modo che non potevi che uscirne cambiato, trasformato. Avevi la certezza non solo la percezione che il Signore è con noi questa è la cosa più impressionante che accadeva giornalmente direi quasi istante per istante in questa compagnia. E quando noi calcavamo la mano per esempio a luglio quando c’era la memoria di Santa Marta perché il padre ci potesse parlare di questa donna di ciò che aveva detto e fatto, del rimprovero del Signore… eccetera Padre Emmanuel rispondeva che non era memoria obbligatoria, allora abbiamo spinto un po’ di più abbiamo osato un po’ di più e quel giorno di luglio nella memoria facoltativa di Santa Marta abbiamo imparato delle cose che in pochi minuti nessuno avrebbe mai osato chiedere di imparare. Allora riflettevo, ma davvero il cristianesimo é arrendersi a questa continua provocazione e fascino, a queste circostanze che diventano graziose per la nostra vita.Un’altra cosa che mi è rimasta impressa é lo suo stupore di fronte al creato che si dipingeva sul suo volto ogni volta che facevamo una camminata per guardare ammirati lo spettacolo dell’Adamello: ricordo ancora padre Emmanuel che avevo raggiunto a stento sulla cima che guardava  la valle sottostante fumando una sigaretta, ricordo ancora la marca una Muratti, con quello sguardo intenso che ci contagiava. Noi imparavamo non dei suoi lunghi discorsi ma dalla sua vita. La sua vita era il libro da cui noi imparavamo. Questo atteggiamento di stupore e meraviglia colpiva noi ventenni tutti indaffarati a fare tante cose di cui spesso non capivamo il senso perciò passare del tempo con persone così costruiva la nostra persona. Così si creava attraverso i gesti della vacanza, la compagnia in università, lo studio, il tempo libero, una fraternità vera. Non campeggiavano grandi prediche ma questa realtà, questi amici questa montagna, questo caffè, lo sparecchiare la tavola, insomma sottomettere la ragione all’esperienza come avrei letto più tardi in un libro di Jean Guitton che il Gius ci consigliò. Un altro punto: “resisti nella fede” cioè ogni giorno rivivere attraverso le circostanze che signore ti dona l’incontro che ti ha salvato in un mondo che a spallate tenta di togliere di mezzo quello che tu sei per farti fare le cose e basta, e il tuo essere non c’è più. Resisti nella fede nel riconoscimento cioè che un altro ti fa, che ti sta facendo.Il mio parroco a Dergano, Don Bruno, aveva un motto “la vita è solo obbedienza” che insieme “a resisti nella fede” hanno condotto la mia vita nel punto di maggior costruzione dell’io .Un’ultima cosa perché il tempo passa e vorrei concludere con una frase che troverete nel libro che secondo me riassume un po’ la forza del padre Emmanuel, quando narrando una vicenda che gli era accaduta in un convento dice osservando la cucina dov’era andato a cercare qualcosa riflette: tutto è in ordine e pulito perché nessuno tocca niente manca la vita manca la vita, perché la vita e intensa è ora di finire di tirare avanti occorre camminare sempre e di nuovo; e mendicare il cuore di Cristo, ricominciare a mendicare il cuore di Cristo! quando penso a tutto questo viene solo da ringraziare il Signore per il dono della compagnia di padre Emmanuel che non mi ha attirato a sé, ma tramite sé a Cristo.

Don Giuseppe Bonomo